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La Comproprietà nel Diritto Romano

Cenni Storici sulla Comproprietà

Nel diritto romano una forma di comproprietà si costituiva automaticamente dopo la morte del 'pater familias' in modo che il patrimonio ereditario restasse in comune tra i parenti stessi (consortium ercto non cito).

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Successivamente si parlò di 'communio' ovvero l'atto in cui l'unione poteva essere volontaria, il più delle volte poteva essere incidentale, ovvero determinata indipendentemente dalla volontà dei contitolari.

In questa communio, che sorse verso l'età classica, ciascun individuo non era più titolare dell'intero, ma solo di una quota ideale della quale poteva disporre e sulla quale poteva costituire usufrutto e pegno e partecipare alle spese nella misura corrispondente alla propria quota dove appunto nella stessa misura faceva suoi i guadagni.

Se si volevano apportare delle modifiche ciò spettava a ciascuno dei contitolari lo 'ius prohibendi' , se un "socius" ad esempio, abbandonava la sua quota questa veniva acquistata da altri, da ciascuno in proporzione della quota spettantegli.

Quando invece si presentavano casi in cui era impossibile dividere, come per la servitù ad esempio, bisognava stabilire conguagli in denaro.

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